di Giancarlo Liuzzi - foto Fabio Voglioso

Liberty, "medievale" e neoclassica: nell'agro barese si nasconde la raffinata Villa Focus
BARI – Unisce con grazia e raffinatezza torrette medievaleggianti a decori liberty, prospetti neoclassici a verdi ninfei, ma rimane praticamente sconosciuta ai più, poiché “nascosta” nell’ampio agro tra Carbonara e Modugno. È questo l’identikit di Villa Focus, dimora barese del 1909 che con il suo armonioso mix di diversi stili architettonici rappresenta un esempio unico di edilizia eclettica del territorio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un edificio che siamo andati a visitare grazie alla disponibilità dei suoi proprietari, i quali ci hanno però chiesto, per motivi di privacy, di non rivelare l’esatta posizione. (Vedi foto galleria)

Siamo quindi davanti all’ingresso della tenuta, posta su una piccola altura e introdotta da un alto cancello grigio incastonato tra due alte colonne in pietra sovrastate da pigne decorative.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ad accoglierci è Caterina, che vive qui con il coniuge: la coppia si è trasferita nel 2014 dopo aver interamente ristrutturato la dimora comprata quattro anni prima. «La casa era maltenuta - ci racconta la donna -: così una volta acquistata abbiamo iniziato un lungo restauro per riportarla all’antica bellezza. Una volta ultimata l’abbiamo chiamata Focus: un nome che per noi ha un significato particolare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La villa è del 1909, come ricordato da una scritta in ferro ai piedi del cancello di ingresso. Fu innalzata da un componente della famiglia Sansone il quale scelse questo luogo incontaminato, lontano dalla città, per fornire le necessarie cure alla moglie malata di tubercolosi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In seguito la proprietà passò ai nobili possidenti baresi Tarsia-Incuria, parenti dei Sansone, i quali la vendettero negli anni 60 a Vito Antonio di Cagno e a sua moglie, la svedese Ann Marie Hettemark. Quest’ultima era la ricca erede del marchio Hettemarks, prima grande impresa di abbigliamento femminile prêt-à-porter del Mezzogiorno che in quegli anni aveva aperto uno stabilimento nella zona industriale di Bari (chiuso poi alla metà degli anni 70).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A gravare però sulle future sorti della famiglia intervenne, nel marzo del 1980, l’omicidio del 19enne dj Martino Traversa, causato proprio dal figlio di Ann Marie, Stefano di Cagno, militante di estrema destra. Dopo una causa giudiziaria durata più di vent’anni e la condanna di Stefano avvenuta nel 2005, la signora Hettermark (nel frattempo separatasi dal marito) decise quindi di vendere l’immobile, acquistato come detto da Caterina e suo marito.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non ci resta ora che varcare il cancello per andare a visitare Villa Focus. Entrati nell’ampio giardino ci troviamo così di fronte alla raffinata facciata bianca della residenza, che svetta oltre un’aiuola di dasylirion con al centro la statua di un fanciullo. Si innalza su tre livelli (tavernetta, piano terra e sottotetto), scanditi da altrettanti e differenti paramenti murari: bugnato, pietra liscia e muro intonacato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’eclettico stile combina la simmetria neoclassica tripartita del prospetto, con colonne e doppie lesene angolari, al decorativismo affine al liberty evidenziabile nei fregi vegetali, rappresentati più volte sui muri esterni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Una doppia e sinuosa scalinata con ringhiera in ferro, sorvegliata da feroci leoni in pietra, conduce a un piccolo patio. Questo è ornato da un parapetto con fini colonne bianche e dalla massiccia porta lignea di ingresso con una scura testa leonina al centro. Più in alto una cornice a dentelli, che corre lungo tutto l’edificio, cinge un terrazzino abbellito da due statue di bambini che reggono un vaso sul capo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci spostiamo ai lati della dimora dove restiamo meravigliati da un sorprendente particolare: delle torri in pietra, ispirate all’architettura medievale, che regalano alla tenuta l’aspetto di un insolito castello. La prima di esse, più alta, presenta delle finestrelle ad arco sovrastate da ornamenti vegetali e una fine merlatura sovrastante, la seconda possiede invece delle aperture rettangolari e un terrazzino in cima. 

Intorno all’immobile si estendono poi vasti e rigogliosi giardini. Uno presenta aiuole circolari, quadrilobate e “a stella”, con cycas, bassi arbusti e silenziosi salottini. «Lo chiamiamo “giardino dei simboli” per via delle sue particolari forme geometriche – ci illustra la nostra guida -. Mentre l’altro lo abbiamo realizzato “a stanze”, secondo lo schema dell’architetto  Paolo Pejroni: passeggiando all’interno si scoprono via via i vari ambienti in cui è suddiviso».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci incamminiamo così nel verde labirinto incrociando statue di levrieri e graziose fanciulle, il tutto tra profumati sentieri di piante aromatiche, melograni, cipressi e fiori di san Luigi. Il campestre percorso ci porta alle spalle della villa dove si estende un vasto appezzamento di terra con ulivi secolari, alberi di mandorle e qualche prematuro bocciolo di rosa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci riavviciniamo ora al prospetto posteriore dell’edificio e tramite un cancelletto entriamo al particolare ninfeo: un giardino-aranceto cinto da mura ispirato alle residenze dell’antica Roma.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui tra alberi di limoni, arance e mandarini si staglia un’esedra: incavo semicircolare in tufo cinto da lesene. Sulla sommità vi è impressa in lettere blu la scritta Qui si sana, un motto presente in molte dimore situate in luoghi salubri destinati alla cura: il motivo che portò il primo proprietario a venire ad abitare qui. All’interno del vano, dalle paresti scure, scoviamo una “fontana” formata da un mascherone apotropaico con un tubo nella bocca e una grande vasca in marmo alla base.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Infine ammiriamo nella sua interezza l’eclettica facciata posteriore della dimora, sulla quale le due torri si “uniscono” tramite un patio dall’aria rinascimentale con cinque archi ogivali che reggono un più moderno belvedere, coperto da una tettoia in vetro e metallo decorato. Una doppia scalinata, che sale oltre un folto arbusto, ci conduce alla loggia sul cui soffitto pendono delle lanterne scure.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Da qui tramite una porta accederemmo agli interni della villa, che però non visitiamo: degli antichi decori non è infatti rimasto nulla, solo nella tavernetta è ancora visibile la vecchia volta in pietra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Raggiungiamo invece la terrazza per godere del magnifico panorama verdeggiante che circonda la tenuta. E, mentre il sole volge al tramonto, contempliamo incantati il ninfeo e il suo monito al benessere in questo eclettico “castello” nascosto nella campagna barese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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Giancarlo Liuzzi
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Fabio Voglioso
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